giovedì 6 marzo 2014

Il Premio Nobel per (la non) pace




In grande onestà ho pensato ad uno scherzo, uno scherzo ben architettato. Poi ho visto che il primo di aprile è ancora lontano e ho cominciato a preoccuparmi. La lista delle politiche sbagliate di Putin è infinita e probabilmente Vladimir, l’ex agente del kgb, non arriverà a prendere mai questo premio ma il solo fatto che il suo nome figuri in quella lista mi fa venire la nausea. Madre Teresa di Culcutta, Aung San Suu Kyi, Shirin Ebadi, Nelson Mandela sono nomi che non meriterebbero di essere accostati al suo, neanche come possibilità.
E così mi sono dovuta immaginare un’altra soluzione, cercando di razionalizzare: "sì, avranno fatto un pasticcio, una specie di gioco dei contrari", ho pensato. Una dislessia sui generis che si fa beffa del pensiero e indirizza il linguaggio ai termini contrari rispetto a quelli pensati: così se si pensa ad un riconoscimento per Putin si parla di Nobel per la pace quando è chiaro che in testa si aveva il concetto di Nobel per la guerra.
Senza entrare nel merito della legge anti-gay - una delle più grandi espressioni di come il regime di Putin sia ampiamente al di sotto della soglia di quantità di democrazia di cui possono cibarsi i suoi cittadini - ho pensato ad Anna Politikovskaja...


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