lunedì 21 settembre 2015

Processo Condor e i desaparecidos italiani

Dopo anni di indagini, davanti alla Corte d’Assise di Roma, il processo Condor ha portato al rinvio a giudizio di 35 persone – tra boliviani, cileni, uruguagi e peruviani - per l’uccisione, la scomparsa e la tortura di 23 nostri connazionali, nel Sud America delle dittature. 
Il processo, iniziato a febbraio di quest’anno, prende il nome dalla vastissima operazione “Plan Condor” che mirava a contrastare l’insediamento di governi socialisti in America del sud e del centro, attraverso un vero e proprio terrorismo di Stato, con la tortura e l’omicidio degli oppositori politici. Per evitare che la rivoluzione cubana potesse allargarsi, le autorità sudamericane dei governi militari e quelle statunitensi, avevano risposto con il Plan Condor che prevedeva lo scambio di informazioni e l’azione congiunta dei governi militari, coordinate dagli Stati Uniti che consideravano il Sud America come il loro “giardino di casa”. È solo nel 1992 che emerge il disegno criminoso del Plan Condor con la scoperta di alcuni documenti della polizia del Paraguay, gli “archivi del terrore”, contenenti le foto degli oppositori politici uccisi, torturati e scomparsi, e le prove della collaborazione tra le giunte militari.
In quel periodo morirono molti nostri connazionali e, nonostante l’avvenuta commissione dei delitti all’estero, l’art. 8 del codice penale, in deroga alla generale regola della territorialità, permette di perseguire nel nostro Paese, i “delitti politici” commessi all’estero, su richiesta del Ministro della Giustizia. Non è la prima volta che si celebra un processo di questo tipo in Italia. Ci sono precedenti illustri come, tra gli altri, il processo Podlech, Massera ed Esma.  
Per quanto riguarda cosa debba intendersi per "delitto politico", la Suprema Corte, nel 2004,  in un procedimento a carico di un esponente del regime militare di Videla, ha spiegato che “sono da definirsi “politici”, i delitti offensivi tanto dell’interesse politico dello Stato tanto dei diritti fondamentali dei cittadini, delitti quali l’omicidio volontario, il sequestro di persona e le lesioni personali volontarie che siano stati commessi in territorio estero in danno di cittadini italiani non in circostanze occasionali ma in esecuzione di un preciso piano criminoso diretto alla eliminazione fisica degli oppositori ad un determinato regime senza il rispetto di alcune garanzia processuale ed al solo scopo di contrastare idee tendenze politiche delle vittime, in quanto iscritte a sindacati, partiti politici o associazioni universitarie”. (Cass. Pen. 23181, 28 aprile 2004).
Per rinviare a giudizio i 33 imputati nel processo Condor ci sono voluti 15 anni di indagini e, nel frattempo, molti di questi imputati sono morti, così come è accaduto a Contreras, a capo dei servizi segreti del Cile di Pinochet, imputato nel processo Condor e morto qualche mese fa.
Nel corso del processo Condor hanno già testimoniato, tra i tanti, Nila Heredia, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime dei desaparecidos boliviani, parte civile, ed Estela Carlotto, il simbolo della lotta delle mamme e delle nonne di Plaza de Mayo che, senza paura e indomita forza, lottano per la verità.
Nei prossimi giorni si procederà per il caso di Andres Bellizzi, grafico sudamericano di origini calabresi, nato in Uruguay e scomparso in Argentina, per cui verranno sentiti il giornalista Roger Rodriguez, Martin Almada, famoso per aver scoperto gli “archivi del terrore”, e la madre novantunenne del desaparecidos nata a San Basile, in provincia di Cosenza.

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