domenica 19 luglio 2015

Processo Condor, è il momento di Stamponi, desaparecidos italiano - La presidente di Asofamd, Nila Heredia, depone al processo Condor

Riprenderanno a settembre le udienze del processo Condor, il procedimento penale iniziato a febbraio davanti alla Corte d’Assise di Roma e che ha portato al rinvio a giudizio di 35 persone – tra boliviani, cileni, uruguagi e peruviani - per l’uccisione, la scomparsa e la tortura di 23 cittadini italiani nel Sud America delle dittature. 
Il processo prende il nome dalla vastissima operazione “Plan Condor” che mirava a contrastare l'insediamento di governi socialisti in America Latina, attraverso un vero e proprio terrorismo di Stato, con la tortura e l’omicidio degli oppositori politici.
Per evitare che la rivoluzione cubana potesse allargarsi, le autorità sudamericane dei governi militari e quelle statunitensi, avevano risposto con il Plan Condor, il piano che prevedeva lo scambio di informazioni e l’azione congiunta dei governi militari, coordinate dagli Stati Uniti che consideravano il Sud America come il loro “giardino di casa”. È solo nel 1992, però, che emerge il disegno criminoso del Plan Condor con la scoperta di alcuni documenti della polizia del Paraguay, “gli archivi del terrore”, contenenti le foto degli oppositori politici uccisi, torturati e scomparsi e le prove della collaborazione tra le giunte militari.

In quel periodo morirono molti connazionali, tra questi, Luis Stamponi, argentino, originario di Ancona e di cui ancora non si sa niente: scomparso in Bolivia durante la dittatura di Banzer, sarebbe poi stato ucciso in Paraguay dove, probabilmente, venne trasportato in seguito all’arresto e alla detenzione in Bolivia. Nei giorni scorsi, le deposizioni di Nila Heredia, Victoria Fernandez e Edmir Espinoza nell’aula bunker di Rebibbia, sono state importanti per ricostruire gli ultimi momenti di vita del compagno italo-argentino. Nila Heredia, ex ministro della salute del governo Morales, accademica e presidente dell’Asofamd, l’associazione dei familiari vittime delle dittature, è stata chiamata a testimoniare non solo sul Luis Stamponi, attivista e militante ma sul Luis suo compagno di vita: era suo marito.
Fondatore del partito rivoluzionario dei lavoratori e militante dell’esercito di liberazione nazionale (ELN), Luis Stamponi che si faceva chiamare Gerardo Bermudes, era amico di Ernesto Che Guevara che lo volle accanto a sé nell’esperienza rivoluzionaria boliviana.

Nila è nervosa, tiene in mano un libro e alcuni appunti che porta con sé durane la deposizione ma a cui non ricorre mai, avendo ben impressi nella memoria quegli anni terribili, ormai immagazzinati nella sua mente nonostante i tanti anni trascorsi.
Prima che inizi la deposizione, mi avvicino per salutarla ma non mi riconosce. Le dico, in uno spagnolo improvvisato, che ci siamo conosciute in Bolivia, che sono stata a trovarla con la delegazione di Libera Internationl proprio a La Paz, presso la sede di Asofamd, in via Pedro Garcia e sorseggiando del mate de coca attorno ad un tavolo rosso, lo stesso - rivela Nila, attorno al quale era avvenuta un’ufficiosa riunione governativa ai tempi in cui lei era ministro della salute del governo Morales, - ci aveva raccontato che cosa fa Asofamd e che a luglio sarebbe venuta in Italia per testimoniare al Processo Condor, proprio sulla scomparsa di suo marito Stamponi.

Dopo qualche attimo, lo sguardo serio si scioglie: forse mi ha riconosciuto. Accanto a lei, Jorge Ithurburu, fondatore di 24marzo, l’associazione che si batte per la promozione della giustizia e del rispetto dei diritti umani.
In quell’istante fa ingresso la Corte d’Assise nella sua classica composizione di giudici togati e popolari: tutti in piedi. Il caldo è il protagonista assoluto: nell’aula Bunker del carcere di Rebibbia non ci sono condizionatori.
Il P.m. interroga Nila che parla di Luis Stamponi con la tenerezza che le è più congeniale ma anche con la profondità di chi, con quell’uomo condivideva la vita. Racconta di quando lo conobbe nel 1969 in Bolivia e di come divenne il suo compagno di vita fino alla sua sparizione, in seguito all’arresto e alla detenzione a Potosì, tra i punti più alti della Bolivia.
Parla della sua detenzione a Cochabamba, dall’aprile del 1976 al 26 dicembre del 1977, giorno del rilascio e della conseguente espulsione e poi, di nuovo, di quanto venne arrestata nel 1981 e nuovamente espulsa in Perù.
Si sofferma sugli interrogatori a cui veniva sistematicamente sottoposta, fatti dai boliviani ma anche dagli argentini, più addestrati e violenti, elemento, questo, che spiegherebbe l’azione congiunta delle autorità militari di tutto il Sud America.
A quanto pare Stamponi dopo essere stato rapito dai militari della giunta di Banzer, venne poi trasferito in Paraguay, lì dove, presumibilmente, venne ucciso, come spiega Nila, secondo quanto appreso da alcuni informatori, senza averne mai, però, la certezza.
In quello stesso periodo, quando fu rilasciata e poi espulsa per la prima volta, uscì una notizia sulla morte di Stamponi, di una sparatoria, in particolare, in cui il militante italo-argentino avrebbe perso la vita.
“È impossibile”, risponde Nila alla domanda del Pubblico Ministero che gli chiede dell’attendibilità della notizia. “Luis non sarebbe potuto scappare, era stato arrestato e non lo avrebbero lasciato andare, probabilmente fu portato in Paraguay. Era normale diffondere simili notizie allo scopo di confondere l’opinione pubblica”, dice convinta Nila. 
 “Io ho continuato a fare l’attivista per tutto questo tempo - spiega - sollecitata dalle domande di avvocati e giudici - ho continuato a cercare Luis Stamponi, fondando l’associazione dei familiari dei desaparecidos, ufficialmente nata nel 1984 ma attiva già dal 1979”, dice la Heredia, spiegando come l’associazione lotti per avere una commissione che indaghi sui crimini politici.

Parla anche di alcuni documenti, mai ritrovati, sul trasferimento di Stamponi in Argentina. Li cercò a lungo  - spiega - ma non ebbe mai l’opportunità di visionarli perché, probabilmente, furono portati via e sequestrati durante uno dei tanti colpi di stato, forse ad opera di Luis Arce Gomez, ministro dell’interno ai tempi del dittatore Meza.
Dopo aver parlato anche della morte di Luis Espinal, prete, poeta, critico cinematografico spagnolo e attivista nella Bolivia delle dittature, della cui sorte ancora non si conosce niente e prima di concludere la sua deposizione, la Heredia esprime la sua soddisfazione per il processo Condor: “è una grandissima cosa perché il nostro paese non ha ancora provveduto a punire tutti i responsabili di questi orrendi crimini”.

L’udienza ha visto anche la deposizione di Victoria Fernandez, nome in codice “Carmen”, compagna di lotta e di prigionia di Luis Stamponi che ha raccontato di quando, dopo essere stati gettati come pacchi durante il trasporto da un luogo di prigionia all’altro, Luis le disse che di andare avanti e la esortò a non mollare: “Bisogna andare avanti con forza, bisogna seguire, andiamo avanti”, rivela Victoria, ancora battagliera. Non lo vide mai più.
Anche Edmir Espinoza racconta della attività politica accanto a Stamponi, confermando la presenza non solo di paramilitari boliviani tra i torturatori ma anche di argentini, precisando quando vide per l’ultima volta Luis, “il mio compagno” - come dice riferendosi a Stamponi - durante la loro prigionia nel 1976. Poi, anche lui, non ne seppe più nulla.


Le udienze riprenderanno il prossimo 24 settembre. Si cercherà ancora la verità su Luis Stamponi e su tutti gli altri desaparecidos che ancora attendono la verità e giustizia.

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