giovedì 11 aprile 2024

Il nome segreto, l’esordio letterario di Olga Gambari

Remember the First Time You Saw Your Name: è dalla visione dell’artista contemporanea Marinella Senatore che nasce “Il Nome Segreto”, il primo romanzo di Olga Gambari, giornalista, curatrice d’arte e docente che entra nel mondo della letteratura attraverso la storia di Eva.

La protagonista si immerge nella magia del circo – di cui l’autrice sfoggia un sapere enciclopedico – e nelle città europee più belle – da Venezia, a Cardiff, da Barcellona a Palermo, da Parigi, a Genova, da Nizza fino a Berlino e Bologna – come una Ulisse di oggi, intraprendendo un viaggio inizialmente per scappare ma, in definitiva, per superare un dolore indicibile su cui si erano posati silenzio e reticenze per venti anni.

Sono tante le vite a cui si aggrappa la protagonista prima di rimanere appesa solo alla sua identità ultima, non la più vera, ma l’ultima, la somma di tutte: Eva. E non poteva che partire frammentando il suo io e spargendone pezzettini ovunque, creando nuove identità, tutte quelle che aveva dentro perché “nessuno sa quanti esseri è, quanti ne contiene”, per riprendere, come fa l’autrice, una citazione del più importante scrittore e poeta portoghese Pessoa.

Nel libro c’è arte, cinema e musica, il mondo dell’autrice: c’è la Bella Époque in apertura, quel periodo straordinario di pace e benessere prima delle guerre mondiali, quasi a dirci, sì ora è tutto calmo, adesso però inizia il conflitto; c’è la musica punk dei Dead Kennedy e un famoso concerto degli U2; c’è il suono del violino tzigano di Momon, c’è il cinema dorato di Zampanò, gli angeli di Wim Wenders e ancora tanta altra musica come il blues di Billie Holiday e quella più contemporanea dei Placebo.

È attraverso l’arte che scopriamo uno degli elementi fondamentali di questa narrazione: grazie al quadro di un artista tedesco Paul Friedrich Meyerheim, Al circo, 1861, al Museo di Berlino, entra in scena il circo. Elemento poetico per antonomasia e strumento di emancipazione esistenziale, il circo simboleggia la sovrapposizione tra realtà e finzione e permette a Lupo – un alter ego della protagonista – ed Eva di ritrovare la loro dimensione. Il circo è tutto: se ci credi, in quel momento, è reale.

E l’arte è sempre il viatico, lo strumento per arrivare a un livello di consapevolezza più alto: è grazie a Nefertiti che Eva si apre con Lupo e rivela ciò di cui non aveva mai parlato a nessuno.

È un libro che s’inserisce nella tradizione letteraria che vede il viaggio come strumento di conoscenza e scoperta di se stessi, di superamento dei limiti, un tema fondamentale per tutta la tradizione letteraria occidentale da Omero in poi. È un libro che non segue un flusso narrativo lineare, né una cronologia degli eventi ma alla fine tutto si ricollega; è un romanzo ricco di immagini, come se la penna della scrittrice fosse una telecamera che entra nei luoghi per farci vedere quello che le parole costruiscono con grande verità in ogni suo dettaglio, con suoni, colori e odori; è, infine, anche un romanzo di formazione in cui i due protagonisti cercano il loro posto per stare al mondo, tra esistenze ordinarie e nomadismo anche interiore.

Eva, che all’inizio del suo viaggio è un “castello circondato da acqua senza ponte levatoio”, va alla ricerca del suo ponte e proprio il viaggio è il suo ponte, prima per Cardiff e poi per l’ultima meta, Barcellona, dove accetta la realtà da cui è sempre fuggita: Eva assume l’identità di Nives quando questo accade, e accade come una rivelazione. C’è tutto: distruzione, attraversamento, morte e, in definitiva, rinascita. E verso la fine, con una scrittura con ritmi serrati da togliere il fiato, finalmente Nives perde tutte le sue identità e torna a essere Eva per mezzo di un sogno perché, come scrive Miró, “solo quando sogno vedo chiaro”.

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