giovedì 30 ottobre 2025

Testimone del Premio Morrione è Rita Baroud, la giornalista che ha raccontato Gaza con il suo Diario per la Repubblica - via articolo 21

via Articolo 21 

di Luisa Foti 

“Vogliamo solo vivere la nostra vita senza essere uccisi; fate in modo che siano i palestinesi a parlare della loro terra. In giro vedo soltanto la prospettiva occidentale”.

È questo, in sintesi, il cuore del pensiero di Rita Baroud, giornalista palestinese Gen Z, premiata come Testimone del Premio Morrione, per il suo racconto quotidiano del genocidio di Gaza attraverso il suo “Diario” su la Repubblica. Pur appartenendo a una generazione cresciuta con i social network e i video virali, Rita ha scelto consapevolmente di affidare la propria testimonianza non solo ai post o ai reel di Instagram, ma soprattutto alle parole scritte: un diario, un articolo al giorno, come atto di resistenza e memoria.

Durante la giornata finale del Premio, è stato il giornalista Gian Mario Gillio a moderare il dibattito con Rita Baroud e con Paolo Mondani – reporter investigativo, premiato con il riconoscimento Baffo Rosso per le sue inchieste su Report: ne è nato in un confronto profondo sul ruolo dell’informazione nei conflitti e sulla responsabilità etica del giornalismo.

“Non è facile essere una giornalista e dover raccontare la sofferenza del tuo popolo”, ha spiegato Baroud che ha iniziato a conoscere la guerra da quando aveva 5 anni.

“Ogni tanto mi pento di essere diventata una giornalista: avevo vent’anni quando ho iniziato a scrivere; all’epoca volevo semplicemente vivere la mia vita da adolescente invece di dover raccontare il genocidio e spiegare che non tutto è iniziato il 7 ottobre 2023”. E quel racconto è diventato un dovere perché “parliamo di un’occupazione che nasce più di 70 anni fa”.

Durante l’incontro, si è parlato della tragedia della popolazione di Gaza e dei tentativi in corso per provare a ricominciare a vivere dopo il cessate il fuoco: per i palestinesi non è soltanto una questione di pace, ma anche di come decidere il proprio futuro, da protagonisti.

“Molti politici vogliono decidere sulla nostra pelle, ma stiamo parlando della nostra vita”, spiega Rita con parole che suonano come un chiaro riferimento all’accordo di cessate il fuoco che nulla ha a che fare con una vera pace né con la liberazione del popolo palestinese. E la liberazione parte anche dalle parole: perché si continua a parlare di “ostaggi israeliani” e di “prigionieri palestinesi”, quando molti palestinesi vengono trattenuti nelle carceri israeliane senza accuse formali, in condizioni che li rendono ostaggi a tutti gli effetti? Se l’è chiesto più volte anche la giornalista di Gaza, soprattutto quando ha riflettuto sul fatto che questo genocidio è stato raccontato con un certo orientalismo: “In giro vedo solo il punto di vista occidentale, e non quello dei palestinesi; è giusto che l’Occidente se ne occupi, ma è altrettanto essenziale che la narrazione nasca da chi vive quella realtà sulla propria pelle”.

Tra i momenti più toccanti dell’incontro la commozione di Paolo Mondani che ha espresso la sua profonda ammirazione per Baroud: “Dopo Rita, parlare non ha senso”, ha detto, anche ricordando la recente scomparsa del giornalista palestinese Ali Rashid, suo amico dai tempi in cui la Palestina era quasi scomparsa dai palinsesti. Gian Mario Gillio, che ha condotto l’incontro con grande moderazione, ha voluto sottolineare la forza e la chiarezza del messaggio di Baroud, riconoscendole il merito di aver restituito dignità alle persone che in questi anni sono rimaste invisibili nelle cronache occidentali. In chiusura, la commozione di Paolo Mondani ha poi lasciato spazio a un lungo abbraccio tra Gian Mario Gillio e la giornalista palestinese; e quella stretta ha riassunto il senso dell’intera serata.

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